Advertorial content: As these sun-soaked days of May continue to breathe life into the drained bodies and minds sapped by the East Coast’s prolonged winter, our itch to take back the asphalt grows stronger. That’s why CH teamed up with the avid riders at recordOutboundLink(this,…
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Continuing to impress with innovative forms and creative uses of materials, Rich Brilliant Willing is again introducing new products this year at ICFF during NYCxDesign. In the time since we last caught up with…
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To put together their bespoke suite at New York’s Rockaways’ buzzed-about Playland Motel, designer Shanan Campanaro of Eskayel and interior designer Michelle Zacks of S P A C…
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Swedish footwear label, Gram has been quietly yet persistently gathering a cult following since its arrival in 2005. It’s the creative outlet of designer Hong Kong-based Alexis Holm, Johan Larsson and…
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In anticipation of the second official NYCxDesign week and this weekend’s opening of ICFF, New York-based furniture studio Assembly Design paired up with textile innovators …
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Since 2010 Brooklyn’s Wintercheck Factory has routinely rolled out new designs across apparel and homeware, to furniture and lighting. While the urge to design across all platforms is still alive and well, founder Kristen Wentrcek…
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L’avvento della cultura pop e il rinascente bisogno di sfuggire dagli orrori e il grigiore di inizio secolo furono il principale catalizzatore per la nascita di molteplici stili e tendenze che si diffusero nel XX secolo, dal dopoguerra in poi. Ogni decennio ha poi partorito particolarismi, nati dalla necessità di trovare una propria identità in discontinuità col passato e la tradizione.
Sono stati tanto rivoluzionari e radicali da essere ancora oggi venerati e ricercati da estimatori del vintage o meno. Fra tutti quel gran desiderio di sperimentazione: a cavallo tra primati spaziali e la scoperta di realtà virtuali, rispecchia, sotto molti aspetti, la nostra contemporaneità sempre in bilico tra slanci nel futuro tecnologico e nostalgiche liturgie. Alla base delle psichedeliche sonorità e stravaganti forme vi è senza dubbio la perseveranza e il visionario entusiasmo di pochi. Un protagonista di quest’onda anomala è senza alcun dubbio il designer Verner Panton.
Anomala è dir poco se si pensa che, per quanto sia stato un designer danese, le sue creazioni vanno in totale rottura con la tradizione scandinava. La sua S Chair, forse il prodotto di maggiore successo, ne è riprova emblematica: dove la tradizione si distingueva nel particolare uso del legno per l’arredamento, la Panton Chair è celebre per essere il primo prototipo di sedia costituita dalla modellazione di un unica forma di plastica. Di sicuro, Verner le influenze danesi non le ha mai scordate, mostrando riverenza speciale a maestri come Hennigsen e Jacobsen, ma è solo andando via dal suo Paese d’origine che poté realizzare i suoi progetti. Verner spese anni nella ricerca di un produttore per la Panton Chair e solo la Vitra, nel 1967, credette nel progetto: da quel momento Verner non accettò più un “non si può fare” come risposta.
I suoi progetti erano spesso in anticipo sia per tempi che tecnologie e fu per questo che su un furgoncino Volkswagen, trasformato in studio, lavorò i primi tempi spostandosi per l’Europa, quasi come gli esordi di un icona della musica dell’epoca: sembra insolito, ma sorge spontaneo il parallelismo con un altro visionario del periodo che proprio con la musica riuscì a dimostrare che gli schemi potevano essere infranti. Parliamo di Frank Zappa, altro grande protagonista del sentimento sperimentale del periodo, anch’esso ossessionato dalla complicata realizzazione delle sue composizioni.
Con Verner sono accomunati anche dall’espressione del total enviroment: se il musicista pensava ai propri concerti come spettacoli di intrattenimento integrale, mix di esecuzioni tra classica e rock e sketch teatrali, il designer progettava interni in continuità armonica tra forma e colore. L’arredo tutto, insieme alle luci e i tendaggi esprimevano l’anima dei locali che Verner ideava. In modo analogo non sempre ricevevano comprensione e sostegno, nonostante il principale scopo fosse proprio scuotere e sviluppare la sensibilità del pubblico. Esempi di singolare fascino furono lo Spiegelkantine ad Amburgo e il Varna Restaurant ad Arhus, in Danimarca. Composizioni ormai smantellate e che fin da subito suscitarono reazioni contrastanti.
La stessa redazione del Der Spiegel, che commissionò l’opera, evidenziò perplessità sul risultato poco incline alla sobrietà del personale della testata, aspetto secondario per Verner, interessato principalmente a motivare gli impiegati, incoraggiarli al relax durante le pause per poi essere concentrati sul lavoro.
Coerentemente Verner perseguì le sue teorie grazie al sostegno delle aziende chimica Bayer e tessile Mira-X, sono infatti Visiona 0 e Visiona 2 le installazioni fieristiche passate alla storia per la loro sorprendente originalità, concepite sullo sviluppo della sua Living Tower, forme organiche che suscitano l’assenza di gravità nell’ambiente.
Pubblicizzare il Dralon come nuovo tessuto sintetico dalle molteplici applicazioni fu solo il pretesto per dar sfogo alla vena creativa di Verner che oggi ci lascia un gran numero di fantasie e pattern che dimostrano una convinta concezione del colore come ulteriore dimensione spaziale e sensoriale.
Come testimonianza dell’affascinate opera di Verner Panton, oltre al dettagliato archivio virtuale, sono presenti numerose mostre e ricostruzioni sparse tra Francia, Svizzera, Germania e Danimarca, ma stando bene attenti troverete sicuramente moltissimi richiami, grandi o piccoli nella moda che ci circonda, sempre attuali e visionari come Verner gli aveva immaginati.
Superfutures è uno studio multidisciplinare di Londra che mi ha scritto poco tempo fa, e cui do volentieri visibilità perché il suo portfolio è molto interessante e attuale. Dire interessante è forse riduttivo, perché ammiro moltissimo tutto l’approccio progettuale di Superfutures, a partire dal felice connubio tra interior e graphic design che caratterizza i lavori dello studio. Superfutures è innanzitutto uno studio d’interior design, ma ha creato anche l’immagine coordinata di molti dei negozi e ristoranti progettati, raggiungendo alti livelli di qualità, originalità e armonia.
Lo stesso discorso vale per il web design del sito Superfutures: struttura semplice, niente fronzoli e lunghi tempi di attesa, navigazione facile, immagini di grande impatto e un buon uso del colore che valorizza i progetti.
Non sto parlando di progetti di altissimo profilo, e budget, ma di progetti ben fatti e onesti, e di uno studio che ha tutte le possibilità per un salto di scala e di qualità.
Consiglio di vedere soprattutto i progetti più recenti, come i ristoranti Chotto Matte e Ping Pong Stratford nati da una contaminazione di elementi urbani occidentali con la cultura e la cucina orientale, l’elegante negozio di Richard James, e le panetterie Peyton and Byrne, buon esempio di reinterpretazione contemporanea dei tradizionali negozi alimentari inglesi.
As sustainability becomes a greater concern across all fields, advances in materials technology and design mean aesthetics are no longer sacrificed for a reduced carbon footprint. Just in time for Earth Day, “Prefabulous World”…
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Milan 2014: Dutch designer Maarten Baas‘s circus-themed show at Milan design week, featuring a welded metal gum ball machine and modified arcade game, was created to “emphasise the circus that Milan is” (+ slideshow + interview).
Baas‘s show was installed in an empty garage in the new 5 VIE design district during the Salone Internazionale del Mobile, which took place from 8 to 13 April.
Visitors followed a red carpet that led them through a presentation with fairground music and surreal objects created specifically for the event, as well as some of the designer’s latest work for clients and galleries.
“The starting point was to emphasise the circus that Milan is,” Baas told Dezeen, adding that the event has become more about presenting photogenic objects for promotional purposes than retail-ready products.
“It hardly makes sense to develop a piece from A to Z and then present it in Milan because in the end it’s nothing more than a snapshot for sharing on Facebook, and the product is never sold even though it’s widely published,” he said.
Baas and his team spent three weeks in Milan producing pieces for the exhibition, many of which were deliberately fabricated to look good in photographs, but were, in fact, very roughly finished.
These pieces included a chair with a randomly shaped seat upholstered in a red fabric that was held together at the back with sticky tape.
To enhance the idea of creative freedom and that “everything was possible”, Baas exhibited new limited edition works for London and Paris gallery Carpenters Workshop Gallery alongside pieces made from polystyrene that were thrown out after the fair.
To tie in with the circus theme, Baas replaced the playful seats of rocking rides commonly found at fairgrounds or shopping malls with a range of adulterated alternatives including a welded metal box, an upholstered four-legged creature and a foil-covered blob embellished with coloured lights.
Inside two booths built against the walls of the exhibition space, actors dressed as clowns sat surrounded by everyday paraphernalia, representing Baas’s recent collaborations with Dutch theatre group De Kwekerij.
A gumball machine in Baas’s cartoon-like style dispensed oversized pills instead of sweets, while chairs and lamp shades were presented on a carousel with a stripy tree at its centre.
Summarising his thoughts on the overwhelming volume of products launched by design brands in Milan and the reason for his own avant-garde presentation, Baas said: “for the visitor [to Milan], your whole critical system is kind of wobbling in the end – you kind of swallow everything and that’s what I wanted to break open.”
The exhibition was coproduced by Ventura Projects, the organisation behind the Ventura Lambrate design district. It was presented alongside a separate show dedicated to the work of designers and companies with whom Baas collaborates, including Den Herder Production, Bertjan Pot and Nightshop.
Photography is by Kazoe van den Dobbelsteen.
Here’s an edited version of Dezeen’s interview with Maarten Baas:
Marcus Fairs: Tell us about the show you’ve set up in Milan.
Maarten Baas: In the Circus there’s a lot that reflects my ideas. The starting point was to emphasise the circus that Milan is and also that things are very much about showing nice pictures. It hardly makes sense to develop a piece from A to Z and then present it in Milan because in the end it’s nothing more than a snapshot to share on Facebook or whatever. And then the product is never sold, even though it’s widely published. So I think it’s not needed to develop the product totally. So I made a lot of improvised pieces that look good from one side and are taped together from the back side in order to anticipate that way or working.
That’s one thing and another thing that was important was that it was so crazy, I wanted to get rid of all the critical voices in your head saying “This is not done!” “You cannot do this!” All the things that in the creative process are blocking your creativity. I threw it all out, all the ideas, I put bronze next to polystyrene pieces, very expensive €40,000 pieces next to things that we are going to throw in the garbage after the fair. We cut a Bambi in half and made a trophy out of it, we made a rocket going through the sky, everything was possible and I wanted to explode all those ideas.
Also for the visitor, your whole critical system is wobbling in the end. You kind of swallow everything. That’s what I want to break open.
Marcus Fairs: Describe the show for people who haven’t seen it.
Maarten Baas: We’re here close to the Duomo, five minutes walk from the Duomo. I always like to be not in the popular zones. This is a new zone called 5VIE and it’s a kind of garage. Since I’ve put a circus in it you could say it’s a circus tent. It’s an open space where I put all my pieces around a red catwalk carpet. You walk in one direction and go around all the pieces in a certain order and then you go out having seen the entertaining show.
Marcus Fairs: You have some kiosks with actors dressed as clowns in them.
Maarten Baas: I collaborated a lot this year with other artists, other designers but also theatre people. Also last year I designed a set for a theatre play in Holland. I see design in the widest sense of the word as anything that is creative in whatever way and where the creativity becomes reality or hits the market. I want to use design as a platform where everything like that can happen. So theatre and music and all kinds of things that are somehow connected.
The post Maarten Baas’s surreal solo show created to
“emphasise the circus that Milan is” appeared first on Dezeen.
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