Think.Side No. 12

Perdonate il ritardo e gustatevi il nuovo dodicesimo Think.Side 😉

North

Darkstar

Nasce tutto da ‘Aidy’s Girl Is A Computer’ il mio interesse per questo duo formato da James Young e Aiden Whalley, il suddetto brano era contenuto in una compilazione della Hyperdub. Mi colpì l’uso robotico della voce e fra i vari inediti era sicuramente fra i più incisivi, una delle travi portanti di quel doppio compact-disc. Di fatto però ai Darkstar era stato assegnato un compito mica da scherzi, l’attesa per ‘North’ era vissuta come qualcosa che potesse essere un crocevia per le sorti del Dubstep, insomma quelle vicende che il più delle volte deludono, mortificano gli artisti su cui pende questo compito.
I Darkstar non hanno aperto quelle nuove frontiere di cui parlavo poco sopra, il loro è un gran bel disco di electro-pop dove le parti vocali sono per questa volta ‘umane’ e hanno la voce di James Buttery. Nel suo insieme l’album spinge molto sulle atmosfere lavorando diversi stili e rivisitandoli in chiave ‘dubstep’, non potrebbe essere altrimenti è quello che sanno fare meglio. Oltre alla sopracitata ‘Aidy’s Girl Is A Computer’ brani come ‘Under One Roof’ che ha nei beat industrial il suo punto di forza e ‘ In The Way’ con quel suo piglio kraut si fanno apprezzare oltremodo. Dimenticatevi dei ‘rumors’ e prestate attenzione solo alle sfumature sonore che emergono dai solchi di questo disco.

VIDEO GOLD

Once Around

The Autumn Defence

Trattasi di un side-project portato avanti negli anni da John Stirratt e Pat Sansone che sono membri a tutt’oggi di una delle band più importanti in circolazione ovvero quei Wilco capitanati da Jeff Tweedy che sembrano essere una fucina di talenti, anche altri membri della band hanno camminato da soli fuori dalla casa madre. La proposta degli Autumn Defense è quella di un pop/country/rock di spessore che nel tempo ha mutato le proprie coordinate fino ad arrivare a questo ‘Once Around’ che è indiscutibilmente il loro apice creativo, facile annoiare quando si cercano soluzioni che si avvicinano allo stile di Elliott Smith o Simon & Garfunkel loro invece hanno unito alla classicità folk dei suoni che sanno dare la scossa, qui non c’è solo ‘melassa’ c’è anche una coda energica che tiene viva l’atmosfera. La cosa che mi ha convinto di questo lavoro è che suona deciso e sicuro dei propri mezzi, arrangiamenti fatti come si deve e ispirazione si spera non irripetibile. Abbiamo un pò tutti bisogno di pezzi come ‘Huntington Fair’ o ‘The Rift’ che vanno a omaggiare pezzi grossi come Jackson Browne o i Big Star e soprattutto quella musica alternativa che ci salva dalla commerciale come l’ultima scialuppa in mezzo al mare. E’ un piccolo gioiello nascosto che una volta scoperto resterà fra i dischi sorpresa che ricorderete con più piacere e fra un bel pò di anni vi verrà voglia di riascoltarlo, ancora una volta.

VIDEO ONCE AROUND

Grinderman2

Grinderman

It’s only rock n’ roll, but i like it!
Eccome se ci piace quello dei Grinderman! Sporco/malsano/primordiale/tribale e chi più ne ha più ne metta. Atto secondo della creatura di Nick Cave e la sostanza non cambia, ‘King Ink’ quando si tratta di maneggiare la sacra arte del rock si trova nel territorio che più predilige, io lo preferisco così rispetto agli ultimi lavori che lo vedevano suonare ’stanco’ in compagnia dei Bad Seeds, anche se va detto che con i ‘cattivi semi’ nel passato ha scritto capitoli di una bellezza disarmante.
Sotto un certo punto di vista l’attitudine che il nostro riversa nei Grinderman è quella che ha caratterizzato il suo ingresso nel rock con i Birthday Party, quel suono abrasivo e selvatico. Così ci troviamo al cospetto di ‘Mickey Mouse And The Goodbye Man’ dove alle chitarre di stampo fuzz fa da contraltare quel cantato sovraeccitato, ma non è tutto. ‘Heaten Child’ è una pozione di blues in acido mentre ‘Evil’ è un pezzo malato che ricorda il periodo più borderline del nostro.
Nick Cave è come una buona bottiglia di vino, invecchiando migliora. La sua gradazione è alta e il retrogusto aspro e denso, per veri intenditori. E poi guardatelo! con quei baffi da camionista yankee dedito a sbronze e selvagge nottate con più squinzie in una volta sola!

VIDEO HEATEN CHILD

Think.Side No. 11

Innerspeaker

Tame Impala

Arrivano da Perth ma non sono dei canguri bensì un gruppo di ragazzi che ha mandato alle stampe uno degli esordi più interessanti degli ultimi anni in ambito rock. Per certi versi, almeno nell’uso della voce, mi sembra di sentire J.Lennon che esce dalla tomba e decide in acido di addolcire il nostro presente, infatti ho detto ‘rock’ inizialmente ma va specificato che i Tame Impala si rifanno principalmente a una certa psichedelica dei ‘60, quindi è adeguato immaginare che hanno voglia di sognare in salsa lisergica, basti vedere quanto è drogata l’immagine di copertina, quanto LSD?
Sono undici i brani che vanno a comporre innerspeaker come una squadra di calcio, il ruolo del fantasista va a Solitude Is Bliss che è il singolo quindi la punta di diamante anche se trovo Desire Be Desire Go una versione psichedelica dei Beatles con quel suo mood accattivante da canticchiare, diciamo una bel centrocampista di qualità. Nel suo insieme non ci sono pezzi che mettono in secondo piano altri, è una formazione molto compatta ed equilibrata che ha in Runway, Houses, City, Clouds una specie di summa del loro stile, qui la parola sperimentare si ripete come un mantra. I trip lasciano ricordi talvolta forti talvolta annebbiati, questo disco è nettamente più vicino ai primi senza alcun dubbio. Avere vent’anni e non sentirli, se questo è l’inizio il loro futuro potrebbe essere tra i più incisivi di sempre, ma io a vent’anni cosa facevo?

VIDEO SOLITUDE IS BLISS

Public Strain

Women

Quella fitta nevicata di copertina lascia presagire il carattere di questo secondo album dei canadesi Women. Anzitutto disco ad alto livello qualitativo che fa della dispersione, dell’oscurità, del rumorismo un suo marchio di fabbrica dal quale non se ne esce vivi se non in qualche episodio isolato che allenta la presa, decisa. Sotto un certo punto di vista sono una sorta di Velvet Underground del secondo millennio, infatti mettono le parti vocali in secondo piano rispetto al suono che è spesso tagliente come le chitarre di ‘Heat Distraction’ che fa tanto post-punk. Va dato atto alla band di essere ad un livello compositivo importante soprattutto se si pensa al genere di riferimento, quel ‘lo-fi’ che se maneggiato maldestramente può farti tanti danni e immediatamente cancellare da qualsivoglia ascoltatore talebano di musica ‘indie’. Per ricollegarci all’accostamento con la band di Lou Reed vi spingo all’ascolto di ‘eyesore’ che è senza dubbio alcuno ‘il pezzo’ per eccellenza del disco, da non tralasciare altri episodi come ‘China Steps’ dove rischiate di sentire graffi sulla pelle tanto lo sono le chitarre che lo caratterizzano, ‘Penal Colony’ è quella ballata malinconica che non ti aspetti e infine ‘Narrow With The Hall’ impasto noise lacerante.
Questo sarà uno dei dischi che verranno ricordati negli anni, è quasi inattaccabile anche dalla critica ‘puzza sotto il naso’ che cerca appigli anche sugli specchi.

VIDEO EYESORE (live)

The Way Out

The Books

Non avete mai fatto dei ‘collage’ da piccoli? Io sì, prendevo pezzi di giornali scartati dalla famiglia e mi divertivo a creare buffi articoli, così non posso non dare attenzione e visibilità a questi due ragazzi newyorkesi che definiscono il loro stile musicale ‘collage music’.
Il loro punto di forza è quel meltin pot sonoro meglio definito come ‘folktronica’ che vede appunto un saliscendi di classico folk abbinato a tappetti sintetici talvolta di stampo ‘new age’, a questo giro le parti vocali sono completamente prese da campionature come in ‘a cold freezin’ night’ dove a cantarcela è un ragazzino che vede la sua vocina ‘distorta’ da beat oscuri. Trovo che i primi due pezzi vanno a creare un ‘climax’ perfetto per introdurci all’ascolto del disco in modalità ‘fai di me quello che vuoi’, ‘Group Autogenics’ è un reading con istruzioni per l’uso mentre ‘I Didn’t Know That’ introdotta dalla strumentale ‘IDKT’ è l’esempio pratico più concreto per far capire cosa si intende per ‘collage music’ un continuo passaggio fra fusion,rock,pop e quello che vi pare. Ci sono comunque episodi più ‘tradizionali’ come in ‘Thirty Incoming’ dove fanno il verso agli Animal Collective o in ‘Free Translator’ che è folktronica d.o.c.
Non è ancora finita la benzina, sentiremo ancora parlare di questa combo e dei suoi mischioni sonori.

VIDEO A COLD FREEZIN’ NIGHT

Think.Side No.10

The age of adz

Sufjan Stevens

Questo ragazzo proveniente da Detroit era diventato una specie di menestrello, con la sua chitarra acustica e il banjo disegnava immaginari bucolici a sfondo popolare.
Forse stufo di questo andazzo magari ambizioso nel profondo cambia rotta e piazza questo disco che screma la rosa dei suoi vecchi sostenitori a favore di altri più inclini a barocchismi di sorta. Barocchismi da leggersi come arrangiamenti di un certo pop sinfonico arricchiti di suoni sintetici, ma quanti poi? Una alto numero di inserti elettronici che trasfigurano il menestrello in una specie di icona pop dei tempi moderni, i testi restano bellissimi a mutare sono gli arrangiamenti che talvolta sembrano pensati per un’orchestra.
A spiccare sono brani come ‘too much’ che prende il volo con i suoi beat e atterra con quel giro di tromba da standing ovation, ‘i want to be well’ che sa tanto del primo periodo elettronico/elettrico dei radiohead e quel pezzone da mettere li come esempio per le generazioni a venire che si intitola ‘vesuvius’, scende la lacrima tanto sa toccare certe corde emotive. La sostanza è che con questo disco odierete o amerete per sempre questo geniale cantautore americano, a voi la scelta.

VIDEO ‘TOO MUCH (live)’

Hawk

Isobel Campbell and Mark Lanegan

Lei è stata parte del periodo d’oro dei Belle & Sebastian come corista, lui è un’icona del rock che ha iniziato negli Screaming Trees per passare poi a una carriera solista stellare, fatta di dischi che sono ’storia del rock’ moderno.
Questo è il loro terzo ‘rendez- vous’ dove mischiano con un’ispirazione finalmente a fuoco il blues spettrale e il soul dei ‘60, c’è un sentore roots da far spavento in ‘Hawk’. Questa malsana idea di fare dischi a due è venuta alla scozzese che ha dimostrato di non essere solo una costola del gruppo di Stuart Murdoch bensì un’artista a tutto tondo che coadiuvata da colui il quale anche se leggesse l’elenco telefonico incanterebbe qualsiasi platea, ha dimostrato di saper maneggiare con sagacia il pop folk di stampo americano.
Nel disco duetta anche con Willy Mason ma la sostanza non cambia, è sempre un gran sentire. Omaggiano con due cover un certo Townes Van Zandt che è tipo un mamma santissima di quel genere musicale definito ‘americana’. Avrò un debole per Lanegan ma sono certo che il disco prende il volo quando partono pezzi come ‘Come Undone’ sensuale quanto basta da far ipotizzare un amore fra i due o ‘Get Behind Me’ il torbido rock indiavolato che sa tanto di quei saloon dispersi nelle periferie americane.
Vi piace il ‘midwest’? Allora signori e signore accomodatevi sulle note di ‘Hawk’.

VIDEO ‘COME UNDONE (live)’

An introduction to…

Elliot Smith

Elliott Smith (6 agosto 1969 – 21 ottobre 2003) ha supportato nelle sue canzoni gente persa in una vita difficile, borderline. Al pari di Jeff Buckley è stato uno dei cantautori folk più ispirati di un’intera generazione, soprattutto con quella sua ‘Miss Misery’ presente nella colonna sonora di ‘will hunting – genio ribelle’ che lo lanciò in orbita a livello di popolarità mediatica. Va detto che tutta questa attenzione non era consona al nostro che depresso e drogato cercava di celarsi al mondo intero, fu trovato morto suicida dalla compagna a Los Angeles a soli 34 anni.
Questa raccolta postuma cerca di rappresentarne al meglio l’arte espressa nei suoi sei dischi solisti di cui uno (From a basement on the hill) pubblicato dopo la sua morte, di quel disco mi resta da sempre nell’anima la commuovente ‘twilight’ uno dei suoi pezzi più sentiti, caratterizzati da quella malinconia decadente. Forse l’etichetta Kill Rock Stars avrebbe fatto bene a inserire nella tracklist qualche brano in più dagli album ‘XO’ e ‘Figure 8′ ma va bene così l’importante è che la figura di Elliott Smith non venga dimenticata perché a mio avviso è troppo importante per la storia del cantautorato moderno.

VIDEO ‘MISS MISERY’

Think.Side No.9

Phosphene Dream

The Black Angels

Austin, Texas ci dev’essere una scena underground pulsante da quelle parti, non è la prima volta che escono da quel serbatotio personaggi di una certa qualità. I Black Angels fanno parte di quelle band che si rifanno alla psichedelia come a una ragione di vita, si potrebbe accostarli ai 13th Floor Elevators e in qualche modo ai Pink Floyd.
Phosphene Dream abbandona parzialmente la matrice lisergica per avvicinarsi a un suono più rock, il fuoco che arde nel rock dei ‘70 come in Haunting at 1300 McKinley con il suo riff da battaglia. Poco sopra parlavo di psichedelia e Pink Floyd, non a caso il nuovo ingrediente che compare in questo disco è l’attingere alla scena psichedelica antecedente i ‘70, prendete Telephone al primo ascolto ho avuto un sussulto perchè mi è balzato in mente un nome: Jim Morrison, già! Quell’organo che era un elemento costante nel sound dei Doors compare improvvisamente e mi fa sorridere di gusto.
In conclusione questo è il degno successore di Directions to See a Ghost, meno in acido più solare ma pur sempre pronto a stimolare la mente dell’ascoltatore verso sviaggioni mentali.

VIDEO ‘TELEPHONE’

Cattive Abitudini

Massimo Volume

Chi l’avrebbe mai detto di ritrovarci qui,giugno 2010 in un pomeriggio di pioggia & di sole seduti di fronte alle nostre parole?
Non c’è un modo migliore, se non con le parole dello stesso Mimì Clementi per descrivere quanta emozione c’è per il ritorno sulle scene dei Massimo Volume. Quel capolavoro intitolato lungo i bordi è un masterpiece della contemporanea musica pop italiana, ha trafitto i nostri cuori e come amanti abbandonati la voglia di riabbracciare le loro melodie era fortissima.
Cattive Abitudini è il disco giusto, nel momento giusto! Clementi come un vate racconta storie, frammenti di vita urbana, piccoli mondi, i sogni infranti. Ad accompagnarlo al solito c’è quel grande uomo di Egle Sommacal al quale si unisce Stefano Pilia, resta in formazione come batterista Vittoria Burattini.
Non fidarti dei fantasmi del ‘900 l’estate non tornerà più da queste parti, con i più grandi mangiatori di hot dog di tutti i tempi che sorridono sazi agli angoli delle strade, mi sento molto vicino a questi sazi mangiatori di hot dog che pancia piena osservano in pace il mondo che gira, la vita che scorre ho speso troppo tempo e il tempo s’è accorciato non giro più in cerca di occasioni la mattina mi vesto svelto, già il lavoro, la routine accelerano i nostri ritmi e non ce ne rendiamo nemmeno conto a volte. Potrei continuare a citare altri frammenti del disco, ma basta così per adesso.

VIDEO ‘CONEY ISLAND’

I mistici dell’occidente

Baustelle

Sussidiario illustrato della giovinezza è uno di quei dischi pop che non dovrebbe mancare a nessuno, nemmeno ai poveri di spirito tanto è ganzo. Il sig. Bianconi Francesco non ha ancora perso il gusto di dipingere con sapienza acquerelli pop di altissimo livello, gli spietati sembra la classica canzoncina da sputtanamento radiofonico, fortunatamente ne ‘i mistici dell’occidente’ c’è una cultura che va oltre quel pezzo come in le rane che racconta la nostalgia dei tempi passati o in san francesco che ridisegna il sound della band toscana viaggiando verso nuovi orrizzonti. Mi emoziona parlarne perchè la proposta dei Baustelle a questo giro è davvero di gran classe, è forse un ritorno alla canzone italiana quella dei De Andrè tanto per citare qualcuno. Forse in questi tempi grigi per la nostra musica pop abbiamo trovato qualcuno che ha ancora voglia e soprattutto capacità per farne una forma d’arte e non di volgare sdoganamento radiofonico per masse annoiate.

VIDEO ‘LE RANE’

Think.Side No.8

Halcyon Digest

Deerhunter

Il loro recente passato era la combo ‘microcastle’ – ‘weird era continued’ un doppio disco di psych pop che faceva intravedere la grandezza o meglio la sensibilità pop della band americana. Questo ‘halcyon digest’ è la versione più fedele del loro mondo musicale, hanno creato un suono personale che li differenzia dal resto. Sempre di pop sognante si tratta ma più coeso nelle varie melodie. Nei lavori precedenti si aveva quel sentore di dispersione, ottimi spunti ma a volte si perdeva il senso del discorso. Va detto che ascoltando attentamente il disco intravedo un’ispirazione europea, riferimenti che vanno dai Notwist ai Radiohead fino ai Deus. Quindi elementi che si rifanno maggiormente al nostro continente di conseguenza più vicini e più comprensibili. Consigliare dei pezzi diventa quasi un delitto perchè questo è davvero un disco riuscitissimo da ascoltare senza mezzo skip, per cui a questo giro non cito alcun pezzo.

VIDEO ‘HELICOPTER’

Black City

Matthew Dear

Questo è il funk bianco con abito nero, come la notte. Uscita clamorosa di una bellezza devastante, non sto nella pelle e vorrei dire tante cose riguardanti questo album. Ma sarò breve. Ci troviamo di fronte a un personaggio a tutto tondo che sa dove e come andare a creare sublimi melodie di stampo funk contaminate con elementi sintetici corredati dalla sua voce da crooner. Matthew Dear ci racconta il suo viaggio nei solchi della notte tra bassi e chitarre strizzando l’occhio a brian eno e david byrne. L’inizio del disco lascia il segno, ‘i can’t feel’ (un vortice di suoni minimali), ‘little people’ (nove minuti che vedono variazioni di suono continue), ‘You Put a Smell On Me’ (progressive elettronico che parte con un giro di synth per arrivare a suoni industrial). E’ arrivato anche per noi il momento di visitare questa città immaginaria, ambigua e stimolante.

VIDEO ‘BLACK CITY TEASER’

Everything in between

No Age

La quiete dopo la tempesta, lasciatemi pensare che sia così, per cortesia. E non badate a quei critici che vedono la svolta pop del duo losangelino come un mezzo fallimento. Forse ‘nouns’ aveva marchiato a fuoco troppi timpani, così tanto che alcuni nei No Age non riescono proprio a sentire l’abbassamento dei decibel. Sono rimasto folgorato da questa svolta, l’iniziale ‘life prowler’ è un colpo al cuore così come ‘glitter’, amore a prima vista.
E’ un disco solare che per esprimersi ha necessitato addirittura dell’intrusione di chitarre acustiche, comunque mantiene anche la prerogativa noise che resta un marchio di fabbrica di Randall & Spunt. Pezzi come ‘Fever Dreaming’ e ‘Depletion’ sono furiosi quanto basta per la libido dei fans di vecchia data e anche del sottoscritto. Se gradite la musica che fa tendenza non potete lasciarveli sfuggire!

VIDEO ‘GLITTER’

Think.Side No.7

Cosmogramma

Flying Lotus

Nella classifica 2010 del sottoscritto trovate, senza dubbio alcuno, ‘Cosmogramma’ al numero uno. A mio avviso questo disco oltre ad essere compiuto e variegato quanto basta, può tranquillamente diventare una specie di riferimento per un movimento che vuole unire elettronica e elettrico. Flylo è come un pittore schizoide che unisce con il dosatore calibrato al centesimo elementi che sono in contrasto fra loro, qui però non si tratta di colori ma di mettere, togliere, rimettere hip-hop, glitch, drum’n’bass, sonorità da musical, vibrazioni jazzy con un tocco che oserei dire magico, ricordate gente ‘necro phuturo’. Dei bassi se ne occuppa Thundercat che fa un lavoro meraviglioso, ascoltate ‘Computer Face / Pure Being’ alla svelta! Nelle ospitate entra pure un signore inglese nato a Oxford che di mestiere fa il cantante di una band pop/rock Radiohead, Tom Yorke roba da poco vero?
Fa la sua comparsa nelle parti vocali di ‘…And the World Laughs With You’, tonalità dimessa. Tra i pezzi che adoro ci sono ‘Do the astral plane’ (quell’easy listening che prima dello sputtanamento si trasforma in house music macchiata di jazz), ‘German Haircut’ (così maledettamente lounge).
Questo disco che mi manda facilmente su di giri ad ogni ascolto è il suo capolavoro, é il suono che fa godere qualsiasi ragazzo amante dell’ IDM oggi.

VIDEO ‘MmmHmm’

Black Noise

Pantha Du Prince

File under: Minimal Techno Mutante.
Il tedesco, per la precisione di Amburgo, Hendrik Weber esce con questo rumore nero che abbandona quel suono prettamente teutonico per uno più naturalista. Infatti molti brani di questo nuovo disco partono con veri e propri ‘field recordings’ registrati sulle alpi svizzere in mezzo a mucche e pecore, ma il piatto è ricco a questo giro perchè come ospitate qui non si scherza affatto. Fanno capolino al capezzale del crucco Tyler Pope degli Lcd Soundsystem e Noah Lennox aka Panda Bear che compaiono rispettivamente in ‘the splendour’ e in ’stick to my side’ che, per l’appunto, gode di superlative aperture vocali. Fate attenzione perchè inoltre potrete sentire fra un pezzo e l’altro echi di tecnho stile Detroit e melodie che dipingono scenari alla melassa, molto romantici. Ci sono un sacco di indizi elettronici in ‘black noise’ ma il rischio di perdersi nel turbinio di beat sta a zero, buone vibrazioni.

VIDEO ‘Stick to my side’

I’m new here

Gil Scott Heron

“All’inferno e ritorno” forse basta questa frase per narrare la vita di questo artista di colore che negli anni ‘70 ha lasciato il segno con quella commistione di jazz-soul-funky-blues. Parlano meglio per lui i suoi ’spoken word’ che in ‘I’m new here’ si trovano a profusione accompagnati per il mio godimento da beat elettronici di tenore apocalittico, cupo, nero come il colore della sua pelle solcata oggi dall’incedere del tempo. Basterebbe solo la cover di ‘I’ll take care of you’ per farci venire la pelle d’oca e far salire vertiginosamente l’elemento emozione a livelli altissimi.
E così dopo quindici anni mi immagino quest’uomo che torna per confessare le sue storie di dolore e rassegnazione con qualche spiraglio all’orizzonte come in ‘Me and the Devil’ una specie di dialogo fra se stesso e l’elemento borderline che lo ha guidato verso il baratro più di una volta. Una mezz’ora in compagnia del padrino del rap, indimenticabile.

VIDEO ‘I’m new here’

Think.Side No.6

Wilderness Heart

Black Mountain

Il precedente ‘In the future’ puzzava così tanto di Led Zeppelin e Deep Purple che si pensava a un ritorno del rock dei 70 con i suoi chitarroni che devastavano tutto.
Oggi ritroviamo i Black Mountain in uno stato di ‘transizione del suono’ che li vede sempre rifarsi con classe a quel periodo (let the spirit ride) ma anche strizzare l’occhio a un suono pop (the hair song), quindi al momento non c’è una dimensione precisa. Forse nemmeno loro sanno quale sarà la tappa finale del loro percorso musicale. Chiaramente alcuni li vedono come in procinto di finire in un buco nero e tanti saluti!
Altri come il sottoscritto invece hanno fiutato una certa predisposizione di questa band verso la bella musica, quel suono epico e al contempo melodico che non può lasciare indifferenti.
A vederli con le loro barbe, capelli incolti, vestiti chiaramente legati ai 70 sembrano degli hippie tardivi anche se arrivano da Vancouver, ma qui non c’è solo ‘apparenza’ c’è soprattutto ‘qualità’.

VIDEO ‘The Hair Song’

Sleep Forever

Crocodiles

Prova della maturità superata per la combo californiana denominata ‘Crocodiles‘.
Già dormire per sempre non sarebbe affatto male soprattutto la mattina quando quella maledetta sveglia suona per sbatterci giù dal letto senza tanti complimenti. Il tutto potrebbe (per assurdo) passare in un istante se vi capita di mettere nel vostro lettore questo disco di matrice LO-FI o per alcuni SHIT-GAZE. E’ un ‘gioiellino’ post-estivo che sa tanto di spacemen 3, Jesus And Mary Chain e di certi beach boys. Uno dei punti di forza del disco è quel rimando ‘60 aggiornato ai nostri tempi.
Così vorrei spostare la vostra attenzione su pezzi come ‘hearts of love’ (il pop secondo i crocodiles), ’stoned to death’ (california in acido), gli ingredienti ci sono a voi la scelta se assaggiare o meno.

VIDEO ‘Hearts Of Love’

Mixed Race

Tricky

Sappiamo tutti chi è il personaggio in questione, giusto?
Con i Massive Attack è stato uno dei pionieri di quel genere denominato ‘trip hop’. Oggi lo ritroviamo con questa nona prova della sua carriera musicale, a suo modo ‘consapevole’ di cosa vuol dire cantare ancora sotto l’effetto del trip hop nel 2010.
Diciamo che il Tricky del ’secondo millenio’ è senza tensioni o almeno le espone in un modo più ’soffuso’. Al solito si circonda di vari personaggi per la messa in atto di ‘mixed race’, fuori dal giro martina topley bird si uniscono al nostro la singer irlandese Franky Riley, il vocalist giamaicano Terry Lynn e una delle mie guide spirituali ovvero Bobby Gillespie dei Primal Scream. Dei brani vi segnalo ‘kingston logic’ che è un tributo ai daft punk (technologic), i dialoghi uomo-donna in ‘ghetto stars’ e quel pezzo con innesti ‘arabi’ intitolato ‘hakim’.
Tirando le somme questo è il solito buon disco di un personaggio ‘musicalmente integro’.

VIDEO ‘Kingston Logic’ (live)