Nov 07
The age of adzSufjan Stevens Questo ragazzo proveniente da Detroit era diventato una specie di menestrello, con la sua chitarra acustica e il banjo disegnava immaginari bucolici a sfondo popolare. Forse stufo di questo andazzo magari ambizioso nel profondo cambia rotta e piazza questo disco che screma la rosa dei suoi vecchi sostenitori a favore di altri più inclini a barocchismi di sorta. Barocchismi da leggersi come arrangiamenti di un certo pop sinfonico arricchiti di suoni sintetici, ma quanti poi? Una alto numero di inserti elettronici che trasfigurano il menestrello in una specie di icona pop dei tempi moderni, i testi restano bellissimi a mutare sono gli arrangiamenti che talvolta sembrano pensati per un’orchestra. A spiccare sono brani come ‘too much’ che prende il volo con i suoi beat e atterra con quel giro di tromba da standing ovation, ‘i want to be well’ che sa tanto del primo periodo elettronico/elettrico dei radiohead e quel pezzone da mettere li come esempio per le generazioni a venire che si intitola ‘vesuvius’, scende la lacrima tanto sa toccare certe corde emotive. La sostanza è che con questo disco odierete o amerete per sempre questo geniale cantautore americano, a voi la scelta. VIDEO ‘TOO MUCH (live)’ |
HawkIsobel Campbell and Mark Lanegan Lei è stata parte del periodo d’oro dei Belle & Sebastian come corista, lui è un’icona del rock che ha iniziato negli Screaming Trees per passare poi a una carriera solista stellare, fatta di dischi che sono ’storia del rock’ moderno. Questo è il loro terzo ‘rendez- vous’ dove mischiano con un’ispirazione finalmente a fuoco il blues spettrale e il soul dei ‘60, c’è un sentore roots da far spavento in ‘Hawk’. Questa malsana idea di fare dischi a due è venuta alla scozzese che ha dimostrato di non essere solo una costola del gruppo di Stuart Murdoch bensì un’artista a tutto tondo che coadiuvata da colui il quale anche se leggesse l’elenco telefonico incanterebbe qualsiasi platea, ha dimostrato di saper maneggiare con sagacia il pop folk di stampo americano. Nel disco duetta anche con Willy Mason ma la sostanza non cambia, è sempre un gran sentire. Omaggiano con due cover un certo Townes Van Zandt che è tipo un mamma santissima di quel genere musicale definito ‘americana’. Avrò un debole per Lanegan ma sono certo che il disco prende il volo quando partono pezzi come ‘Come Undone’ sensuale quanto basta da far ipotizzare un amore fra i due o ‘Get Behind Me’ il torbido rock indiavolato che sa tanto di quei saloon dispersi nelle periferie americane. Vi piace il ‘midwest’? Allora signori e signore accomodatevi sulle note di ‘Hawk’. VIDEO ‘COME UNDONE (live)’ |
An introduction to…Elliot Smith Elliott Smith (6 agosto 1969 – 21 ottobre 2003) ha supportato nelle sue canzoni gente persa in una vita difficile, borderline. Al pari di Jeff Buckley è stato uno dei cantautori folk più ispirati di un’intera generazione, soprattutto con quella sua ‘Miss Misery’ presente nella colonna sonora di ‘will hunting – genio ribelle’ che lo lanciò in orbita a livello di popolarità mediatica. Va detto che tutta questa attenzione non era consona al nostro che depresso e drogato cercava di celarsi al mondo intero, fu trovato morto suicida dalla compagna a Los Angeles a soli 34 anni. Questa raccolta postuma cerca di rappresentarne al meglio l’arte espressa nei suoi sei dischi solisti di cui uno (From a basement on the hill) pubblicato dopo la sua morte, di quel disco mi resta da sempre nell’anima la commuovente ‘twilight’ uno dei suoi pezzi più sentiti, caratterizzati da quella malinconia decadente. Forse l’etichetta Kill Rock Stars avrebbe fatto bene a inserire nella tracklist qualche brano in più dagli album ‘XO’ e ‘Figure 8′ ma va bene così l’importante è che la figura di Elliott Smith non venga dimenticata perché a mio avviso è troppo importante per la storia del cantautorato moderno. VIDEO ‘MISS MISERY’ |